Tutte le volte in cui mi presento professionalmente, la domanda che suscito negli altri è sempre la stessa: “Sai dirmi cosa significa il sogno che ho fatto stanotte?”. Io rispondo in automatico con un secco, forse antipatico, “No”! Confesso che se da un lato c’è una spiegazione psicoterapeutica, dall’altro non assecondare tali richieste alimenta il mio sadismo nel veder la reazione dell’altro. 😀
Ma vediamo il lavoro sul sogno in psicoterapia della Gestalt e dell’Analisi Transazionale.
Secondo la psicoterapia della Gestalt, il sogno è la via regia all’integrazione della persona. Questo significa che in ciascuno di noi ci sono parti della propria personalità, inclusi vissuti, sofferenze e traumi, che non abbiamo accettato e che, in un certo senso, son rimasti inconclusi, con un inizio ma senza una fine ben chiara. Pensiamo, ad esempio, a rancori, a ferite scoperte, a sensi di colpa non elaborati, o più semplicemente, a parti di noi che proprio non sopportiamo di avere. Nel sogno, l’espressione di emozioni, comportamenti e pensieri, è libera e spontanea, spesso frammentaria e illogica, ed è una raccolta di messaggi rivolta a noi stessi; ci racconta chi siamo e cosa vogliamo, sbattendoci in faccia tutto ciò che probabilmente non vogliamo vedere nella realtà. In altre parole, il sogno appartiene alla persona e rimanda alla persona.
Il lavoro psicoterapeutico quindi, non ha il fine di interpretare i contenuti del sogno, quanto piuttosto quello di ridargli consistenza, rivivendolo, portandolo in azione e collocandolo nel presente. Quando il messaggio è urgente, ad esempio, può prendere le sembianze di un incubo; quando il sogno è ricorrente, è possibile ci mostri aspetti della nostra vita che ci ostiniamo a non voler affrontare. In ogni caso, nel momento in cui ci riappropriamo delle proiezioni dell’onirico, possiamo coglierne il potenziale evolutivo.
Come si fa?
Letteralmente rivivendo il sogno: si lascia che l’esperienza parli per se stessa senza riportarla necessariamente alla mente e al ragionamento. Claudio Naranjo, psicoterapeuta cileno, dice:
“E’ consigliabile perciò cominciare narrando il sogno al tempo presente, come se stesse accadendo in questo momento.“
Per capirci meglio, scegliete un sogno e provate a raccontarlo al presente, come se lo stesse vivendo proprio adesso. Noterete subito che vi suscita qualcosa di nuovo: lo sentirete più vicino, più palpabile e reale; forse, basterà questo per far emergere nuove consapevolezza a cui non avevate fatto caso.
Secondo l’Analisi Transazionale, invece, il sogno è l’espressione creativa dello Stato dell’Io Bambino; in questo senso, il bambino che siamo stati si diverte a mescolare parti di noi, a concedere azioni bizzarre o proibite, con totale spontaneità. Il sogno, quindi, ci permette anche di entrare in contatto e divenire consapevoli del nostro copione di vita: porta alla luce permessi e divieti genitoriali, volontà, aspirazioni e dialoghi interiori.
Come si procede?
Nella mia attività psicoterapeutica, il lavoro può procedere in diversi modi. Uno di questi è guidare la persona a interpretare parti del sogno come personaggi, oggetti e sensazioni per alimentare la presa di contatto con tali contenuti. Delle volte, più ci si identifica con elementi estranei da sé e più ci si avventura in scoperte davvero preziose.
A questo punto, si chiede alla persona di far in modo che si apra un dialogo tra le diverse parti, un incontro che ne permetta l’integrazione. Per intenderci, è un proiettare fuori tutto ciò che è ben sigillato dentro.
Quando il sogno manifesta buchi nella trama o si esprime attraverso dei flash che sembrano disconnessi tra loro, esso può rappresentare i vuoti interiori della persona, le mancanze, le incompletezze. Fritz Perls, fondatore della psicoterapia della Gestalt, interveniva chiedendo alla persona di inventare un seguito, una conclusione, completando il sogno o arricchendolo. Quando succede, invece, che non si riesce a ricordare mai un sogno, si può invitare la persona a dialogare con il sogno dimenticato.
Un altra tecnica gestaltica prevede che si racconti nuovamente il sogno, aggiungendo però alla fine di ogni periodo la frase “questa è la mia vita“.
L’idea di fondo è che l’esperienza delle cose che viviamo, anche attraverso il sogno, ci permette di conoscerle e chiarirle in noi, di riportarle al presente, divenendone consapevoli e capaci di accettarle.
“La coscienza non è un viaggio verso l’alto, ma verso l’interno. Non è una piramide, ma un labirinto. Ogni scelta poteva portarti vicino al centro o spingerti in una spirale verso l’esterno, verso la follia.”
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