Sveglia alle 7 e una cinquantina di flessioni per riprendersi, colazione iperproteica con apposito conteggio calorico; doccia, creme anticellulite e secchiate di acido ialuronico, mentre ci si guarda allo specchio vagamente fieri dei risultati raggiunti. Messi a lucido, è ora di preparare il borsone e recarsi in palestra a sollevare pesi sempre più ingombranti, a calarsi anabolizzanti che danno una pompatina ai muscoli e nel frattempo arriva sera, col pensiero ossessivo di essere più in forma di altri, più di ieri, mai abbastanza. Ci si dimentica delle relazioni, di aspirazioni lavorative, di passatempi noiosi perché l’unico grande fine è la perfezione irraggiungibile di un corpo che sia sinonimo di mascolinità, fortezza e protezione.
Si chiama Vigoressia, Bigoressia o Anoressia Reversa, molto simile all’anoressia nervosa, con la differenza che la distorta percezione del corpo sfocia nella necessità di esser tosti come Marmi di Carrara e possenti come Bronzi di Riace. Non sto dicendo che prendersi cura di sé attraverso una regolare attività sportiva sia patologico, ma che può essere dannoso aspirare ad una perfezione che non esiste mettendo a rischio la propria salute.
Secondo il DSM-V (Diagnostical and Statistical Manual of Mental Disorders), la Vigoressia è la preoccupazione cronica di non essere sufficientemente muscolati. Si manifestano:
– una marcata dipendenza dall’esercizio fisico accompagnata da un’attenzione eccessiva all’alimentazione; la dieta ipocalorica include, infatti, numerose privazioni alimentari che poi favoriscono abbuffate con conseguenti sensi di colpa.
– la compromissione in aree importanti di funzionamento (sociale, lavorativo, relazionale, scolastico);
– la necessità di sviluppare maggiore massa muscolare che alimenta l’uso di anabolizzanti fuori controllo medico. La dipendenza che si sviluppa da tali sostanze, provoca effetti collaterali anche gravi come impotenza, aumento dell’aggressività, acne e compromissione cardiocircolatoria.
Al di là dei criteri diagnostici qui elencati, è importante notare come il corpo diventi il nemico contro cui combattere per sposare appieno l’idea di uomo appresa in famiglia, a scuola e nella società in generale. Ci riesce facile, infatti, associare ad un fisico asciutto, atletico, curato e possente, caratteristiche di successo, sicurezza, autostima, autocontrollo e riconoscimento sociale. Di fondo, però, troviamo giovani uomini la cui mascolinità è messa a dura prova ogni qualvolta saltano gli allenamenti o si concedono una fetta di torta ad una festa con gli amici. Ogni sgarro è vissuto con malessere, tristezza e dolore che possono portare anche a stati depressivi veri e propri e, inevitabilmente, all’isolamento.
La Vigoressia è diffusa per lo più tra gli uomini e ultimamente l’età di insorgenza sta anticipando addirittura agli 11 anni, interessando anche la popolazione femminile. In un’epoca in cui il corpo diventa sempre più oggetto di attenzioni e dimostrazioni, il desiderio che sia grosso e muscoloso, annulla il bisogno di sentirlo come parte integrante di sé.
La psicoterapia, in questo caso, guida la persona verso una nuova consapevolezza corporea, che favorisca l’ascolto, il rispetto e la gratitudine per se stessi. Parallelamente, essa permette di esplorare le emozioni che accompagnano il vissuto vigoressico, le sofferenze e le frustrazioni percepite.
Ciascuno di noi ha sposato, sin dai primi anni di vita, idee sugli universi maschile e femminile, che hanno influenzato il proprio modo di sentirsi appartenenti all’uno o all’altro sesso. In questo senso, la psicoterapia concede la possibilità di andare oltre gli stereotipi ed essere semplicemente ciò che si è, liberi da costruzioni limitanti.
Medico:” Dovrebbe fare un po’ di sport.”
Andreotti:” Tutti i miei amici che facevano sport sono morti.“
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