“Chi è senza peccato scagli la prima pietra” diceva Gesù Cristo nel vangelo secondo Giovanni. Già, perché nessuno è veramente libero da atti malvagi, immorali e punibili. E cosa succede quando facciamo qualcosa che va contro il nostro codice morale, contro i valori che per una vita abbiamo vantato di avere?
Accade che maturiamo uno di quei sentimenti fastidiosi e invadenti che in cuor nostro sappiamo di meritare: il senso di colpa. Uno stato d’animo che nasce spontaneamente in coerenza con noi stessi. Una punizione autoinflitta, in aggiunta o sostitutiva a quella legale, che ci fa sentire fuori posto, sporchi, marchiati e suscettibili di accuse da chi ci sta intorno.
Credo che ci siano differenti tipi di senso di colpa. C’è quello che definisco “romantico“, sentito da chi non ha abbracciato abbastanza una persona ora defunta, chi avrebbe voluto far di più in una relazione ormai finita, chi si pente di aver allontanato un amico per orgoglio. Romantico è di un genitore che sopravvive al figlio.
Il senso di colpa “egoista“, appartiene a chi lo percepisce per aver pensato ai propri affari mancando di rispetto a familiari, amici e colleghi. Mi riferisco a coloro che per fame di soldi, successo e riconoscimento, hanno dimenticato chi sono e le persone a cui esser grati.
Il sentimento di colpa “distruttivo” è invece quello che, nella mia visione, sente chi commette reati veri o propri o atti ai danni di qualcuno. Mi riferisco alle aggressioni, agli omicidi, a tutte le forme di violenza dove si abusa e calpesta la dignità dell’altro. Distruttivo è anche di chi violenta se stesso con alcol, droghe e comportamenti autolesivi.
C’è quello “paradossale“, di chi pur essendo evidentemente vittima, matura il senso di colpa per aver subito un abuso o un abbandono durante i primi anni di vita. Una colpa che permette di dare un senso logico a quanto accaduto e, per così dire, una sorta di giustificazione.
Infine c’è il senso di colpa “innato“, che nasce assieme alla persona e senza che la stessa abbia consapevolmente agito nel modo sbagliato. Questa emozione ha radici più profonde, antiche, da ricondurre alla gravidanza o a momenti addirittura precedenti. Può sentirlo chi sopravvive al fratello gemello morto in grembo o chi vive nell’utero segnato dal lutto di un aborto. La persona sente ma non capisce, e passa il resto dell’esistenza a ricercare concretamente punizioni che possano redimere un peccato originale.
Per quanto possano essere sensi di colpa diversi tra loro, di fondo producono effetti molto simili: il tempo è come sospeso. bloccato a quel periodo, quell’istante di cui ci facciamo carico, lasciandoci trascinare in un presente che ha il sapore di una condanna insopportabile.
Ma perché sentiamo colpa?
Per renderci conto che il vissuto che abbiamo di un’esperienza si scontra con l’idea che abbiamo di giusto o sbagliato. Esiste, cioè, una forte contraddizione tra come abbiamo agito o subito e il sistema di riferimento che ci orienta nella realtà e che ci relaziona a noi stessi, agli altri e all’ambiente in cui viviamo. Prima i genitori, poi le religioni, ci hanno insegnato la differenza tra il bene e il male, all’insegna di un immaginario che procede sui binari del castigo e della ricompensa. Così abbiamo imparato a riconoscere la “retta via” e a scansarla con forza, perché troppo distante dal nostro modo di vedere le cose.
Il senso di colpa ci aiuta a capire in cosa siamo andati contro noi stessi e a trovare delle soluzioni per ottenere il perdono. Ma il perdono di chi?
“Indietro non si torna, neanche per prendere la rincorsa” e non sempre chi abbiamo ferito potrà perdonarci. Possiamo passare le giornate a tormentarci nell’immaginare tutte le possibilità che abbiamo avuto di agire in modo diverso; possiamo continuare a guardare foto, oggetti o a tornare con la mente a momenti che abbiamo distrutto in un batter d’occhio; possiamo anche illuderci che mantenere la speranza del perdono faccia sì che arrivi da un giorno all’altro oppure possiamo rassegnarci ad una vita di colpa e rimorso. Servirebbe a qualcosa? Probabilmente no.
Non c’è perdono più grande di quello che diamo a noi stessi quando accettiamo il corso delle cose. Riconosciamo di aver sbagliato in un tempo passato, proprio quando l’unico modo di essere che sembrava giusto era quello di cui ci saremmo pentiti. Gli eventi sono avvenuti come dovevano e la colpa che sentiamo oggi può insegnarci chi siamo e chi vogliamo essere.
“”Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso e la saggezza per conoscere la differenza“”
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