“Mio figlio passa le giornate attaccato al pc“; “Mia figlia non fa altro che stare su Facebook o Instagram, quando vorrei che leggesse e studiasse di più“. Ecco alcune delle frasi che mi vengono dette dai genitori degli adolescenti di oggi, ragazzi che si dedicano in modo anche afinalistico, all’uso di strumenti tecnologici. Le nuove generazioni sono native digitali, ovvero nascono e crescono accompagnate dall’uso di questi strumenti e noi adulti non possiamo pensare che non siano parte della loro esistenza. Le attuali neomamme, per esempio, mentre allattano i figli o passeggiano nei parchi, hanno l’iphone tra le mani per leggere gli aggiornamenti di Facebook o per scattare qualche selfie vanitoso. Questo ci permette di comprendere come i primi approcci all’uso del digitale vengano sperimentati in famiglia, prima di tutto, ed è inutile continuare a incolpare la scuola, la televisione o le frequentazioni sbagliate se un figlio non fa altro tutto il giorno. Se da un lato abbiamo un ragazzo che passa ore e ore avanti alla playstation, dall’altro abbiamo una mamma che nello stesso istante sta guardando una fiction in tv.
L’Internet Addiction è una forma di dipendenza molto simile al gioco d’azzardo patologico e in particolare nel DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) è stata inserita la classificazione dell’Internet Gaming Disorder, per evidenziare coloro che manifestano una sintomatologia legata alla dipendenza da gioco d’azzardo online. Come in tutte le dipendenze, incluse quelle legate alle sostanze, ciò che si verifica è la necessità vitale di ricorrere all’uso del web per star bene. Le ore trascorse dinanzi al pc aumentano gradualmente, inducendo isolamento, disinteresse per attività sociali, scarso rendimento scolastico e stati emotivi alterati e fuori controllo, accompagnati da vere e proprie crisi di astinenza quando, per un motivo o per l’altro, la persona non può utilizzare il web.
Cosa si può fare in questi casi?
La prima cosa che di solito decidiamo di fare è sottrarre forzatamente computer, telefono e playstation, nella speranza di salvare l’adolescente impazzito. Ebbene, questa è la mossa più sbagliata che si possa fare nonché più dannosa e pericolosa per la salute del ragazzo. Non dimentichiamo che oggi l’adolescente vive tre famiglie: la famiglia naturale, la famiglia sociale e la famiglia virtuale. Se scegliamo di privarlo del pc, per esempio, non facciamo altro che renderlo monco, togliendogli un mondo di relazioni per lui fondamentali. Il rischio di una privazione del genere è la psicosi o addirittura il suicidio, perché é come se il ragazzo si rifugiasse nel pianeta online per tenersi in vita, per sopravvivere ad una realtà che non accetta e sostiene.
C’è chi si ritira dal mondo reale per fuga, chi per azione. Coloro che si isolano per fuggire, si rintanano in una realtà ovattata che sentono di poter controllare e dove possono essere tutto ciò che desiderano, senza richieste, pretese e oppressioni tipiche del mondo reale. I ragazzi che utilizzano il web per azione, invece, tendono ad esibire se stessi per ottenere riconoscimento; in questo caso agiscono il cyber-bullismo, criticano e insultano, divulgano informazioni private altrui; si mettono in pratica anche attività come il sexting, l’uso di immagini pornografiche e il gioco d’azzardo.
Capiamo bene che quando il web ha una funzione sociale, esso rappresenta una sorta di incubatrice virtuale che permette all’adolescente di mantenere intatta la propria interezza; è come se nonostante la frustrazione, l’insicurezza e l’inadeguatezza percepite, il ragazzo non si frammentasse ma restasse integro grazie alla connessione con una realtà parallela.
Come si interviene in terapia?
Anche in questo caso, seguire tanto il ragazzo quanto la famiglia risulta fondamentale. Tra le prescrizioni utili ai genitori nella gestione di questa difficoltà, è sempre sconsigliata la sottrazione forzata degli strumenti digitali. Ciò che invece risulta utile, è favorire il coinvolgimento della famiglia nell’uso del pc. In che modo?
È possibile, ad esempio, spostare la postazione del computer in un ambiente frequentato da tutti, in modo tale da ridurre l’isolamento in stanza; si può, inoltre, mettere a disposizione un quaderno sul quale annotare le ore quotidiane che si sono trascorse connessi, in modo da favorire un’autogestione dell’uso di internet che riguardi tutti i componenti della famiglia, incluso il ragazzo.
Quando un adolescente sviluppa una dipendenza da internet, è importante chiedersi qual è il nome del suo dolore. Teniamo a mente che il disagio espresso in questo modo corrisponde sempre ad un bisogno che si crede di non poter soddisfare nella realtà. Il problema non è internet ma la sofferenza che si sta compensando e che ha necessità di essere ascoltata.
“Un bug non è mai solo un errore. Rappresenta qualcosa di più. Un errore nel modo di pensare. Perché, fuori dallo schermo, la vita è piena di bug e ti rende come sei. Il bug costringe il software ad adattarsi, per causa sua deve evolvere in qualcosa di nuovo. Deve aggirare l’ostacolo o superarlo. Qualsiasi cosa accada si trasforma. Diventa qualcosa di nuovo. La versione successiva. L’inevitabile upgrade“.
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