Ci sono volte in cui la vita perde di senso. Ci guardiamo intorno e sentiamo di non appartenere alla realtà che ci circonda, vuota e distante. Camminiamo per strada come se non toccassimo terra, come se acquisissimo invisibilità e inconsistenza. In fondo, non vale più la pena preoccuparsi di star bene, incontrare gente, comprarsi un gelato, profumarsi il collo, scegliere cosa indossare e guardarsi allo specchio. In questo sentimento di apatia, restiamo immobili o trascinati da chi ci vorrebbe sorridenti o piangenti e da chi vorrebbe che fossimo più vitali e pieni di energia. Certe volte è più difficile di altre e certi vissuti possono lasciare un segno che fatichiamo a ricordare. Quando la memoria è compromessa, la parte più profonda di noi si rifiuta di recuperare voci, urla, occhi, immagini di quel giorno, di quell’attimo che è più facile dimenticare.
In questo lento scorrere della vita, immaginate che un giorno qualunque uno studente di medicina, appassionato di occulto, vi proponga di trapanarvi il cranio nel centro della fronte in cambio di una ingente somma di denaro. Il fine è un esperimento nel quale verificare l’ipotesi secondo cui attraverso questa antica tecnica chirurgica, la persona può recuperare i propri ricordi e la propria identità. Di che parlo?
Si tratta dell’ultimo film di Takashi Shimizu, Homunculus, tratto dall’omonimo fumetto giapponese e distribuito da Netflix. L’Homunculus sensitivo, conosciuto a noi del settore, è una riproduzione in miniatura dell’area somestesica primaria della corteccia cerebrale, deputata proprio alla sensorialità. Il risultato è un omino sproporzionato e bizzarro, nel quale le mani, i piedi e le labbra sono ingrandite perché corrispondenti a regioni cerebrali col maggior numero di recettori cutanei.
Provate a pensare a cosa accadrebbe se un bel buco in mezzo alla fronte potesse amplificare le vostre percezioni, intuizioni e permettervi di cogliere l’homunculus presente in ciascuno di noi. È come se avessimo la possibilità di sperimentare il terzo occhio, senza sforzarci più di tanto ma semplicemente coprendo l’occhio sinistro con la mano in modo da attivare l’emisfero destro del cervello (quello illogico, creativo, emotivo).
Ma cosa vedremmo? Cosa sono gli Homunculi?
Siamo noi con i nostri traumi, paure e sensi di colpa, con il nostro bagaglio di momenti difficili, rapporti insoddisfacenti e con i nostri bisogni infantili più profondi, radicati e presenti ancora oggi. Siamo giganteschi robot di acciaio e meccanica, pronti a minacciare gli altri con violenza pur di non sentire una colpa infantile mai perdonata. Siamo donne seducenti fatte di granelli di parole che risuonano in noi come opprimenti, svalutanti, categoriche; prendiamo la forma di ciò su cui ci poggiamo perdendo di vista la nostra essenza e il rispetto per la nostra sessualità. Siamo ragazzi fluidi e trasparenti come acqua, che pur di esser visti hanno seguito le orme del padre, a discapito di un identità nascosta.
Ogni volta che chiudiamo l’occhio sinistro per aprirci all’altro, possiamo davvero osservare e sentire chi abbiamo di fronte e cosa porta con sé. La psicoterapia si propone di fare questo, attraverso la presenza, l’ascolto e l’apertura dei sensi, così che spontaneamente emergano gli Homunculi che tanto condizionano la vita. La relazione è reciproca, la crescita parallela e l’incontro IO-Tu connette forma, contenuto e consistenza. Ascoltare l’altro permette sempre, inevitabilmente e per fortuna, di ascoltare se stessi.
Susumu Nakoshi:” È quando guardi l’altra persona che puoi creare il mondo.”
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